Riportiamo il discorso di benvenuto offertoci da S.E.R. Card. Pietro Parolin in occasione dell’incontro con la nostra Pubblica Agenda “Sui Tetti” presso la Biblioteca della Segreteria di Stato il 9 giugno 2021.
“Un caloroso benvenuto a tutti voi e grazie per essere venuti questo pomeriggio in SdS. Questa è la sala della biblioteca, che certo non ha il pregio e il fascino artistico di molte altre sale di questo Palazzo Apostolico ma che, da un lato, ci permette di osservare le misure di distanziamento che ancora dobbiamo prudentemente rispettare e, da altro lato, si adatta al compito fondamentalmente “culturale” in senso lato, che costituisce lo scopo di questo nostro incontro.
Sono particolarmente lieto di incontrare una rappresentanza così numerosa di associazioni di ispirazione cattolica. Mettere insieme le diverse componenti che agiscono all’interno della Chiesa è un’opera purtroppo non sempre facile. Sin dall’inizio la Chiesa ha dovuto misurarsi non solo con le opposizioni all’esterno, ma anche con le tensioni all’interno di essa. Ce lo testimonia san Paolo quando ammonisce i Corinzi a non considerarsi “di Paolo”, “di Apollo” o “di Cefa”, ma “di Cristo” (1Cor 1,12). Se l’esperienza di tutti noi ci fa conoscere la fatica della comunione cristiana è anche vero però che, quando ne assaporiamo il gusto, le difficoltà sono abbondantemente compensate dai benefici, per noi e per gli altri, che ne derivano.
Questa mi sembra la giusta cornice entro cui collocare questo nostro incontro, che considero “ecclesiale” in senso proprio, perché raduna realtà molteplici e diverse tra di loro, le quali – nello spirito del Concilio Vaticano II – intendono “animare e perfezionare con lo spirito cristiano l’ordine delle realtà temporali”.
Le sigle che sono oggi qui direttamente o indirettamente rappresentate coprono quasi tutti gli ambiti della vita civile e sociale e dimostrano come l’intuizione del Concilio Vaticano II, nel senso di promuovere e rafforzare l’apostolato dei laici, abbia avuto un carattere profetico. Al tempo stesso, la vostra presenza qui, oggi, è significativa del fatto che continuate giustamente ad interrogarvi su come proseguire l’opera di apostolato e su come poterlo fare insieme.
La missione della Chiesa si trova oggi davanti a sfide nuove, che non sono necessariamente più o meno difficili di quelle di 30/40 anni fa; ma che certo presentano caratteristiche diverse, anche in ragione della c.d. rivoluzione digitale che sta modificando, con una velocità sempre crescente, gli stili di vita, le abitudini e i costumi sociali. Se all’inizio del secolo Zygmunt Bauman poteva parlare di società dell’incertezza, di modernità liquida, adesso – dopo soli vent’anni – siamo già alle prese con gli eccessi, i paradossi e le contraddizioni, di questo modo “liquido” di concepire il mondo e gli uomini, che degrada la libertà in arbitrio e la società in una moltitudine di individui, sempre più soli e (inevitabilmente) sempre più tristi.
La deriva verso la quale si vorrebbe orientare il pensiero comune non è nemmeno quella di una nuova antropologia, ma piuttosto – credo lo possiamo dire – di una non-antropologia, costruita sul rifiuto sistematico di ogni categoria, definizione o conoscenza previa, percepite come inaccettabili imposizioni. Questa non-visione antropologica non è solo contraria alla rivelazione biblica, quanto è molto spesso contraria anche al dato biologico e scientifico e, ancor prima, alla stessa ragione umana, alla ragionevolezza, al buon senso.
Purtroppo si rivela sempre più fondata la predizione che – con il linguaggio paradossale che sempre lo ha caratterizzato – circa un secolo fa ebbe a pronunciare Chesterton. In uno scritto del 1905 affermò che:
La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. … Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate.
Dinanzi a questo tipo di sfide noi non dobbiamo certo “attizzare fuochi” o “sguainare le spade” – se non in senso metaforico –, ma certo impegnarci con tutte le risorse disponibili, tra le quali una delle principali è proprio l’associazionismo cristiano. Mi piace a questo proposito richiamare alcune espressioni che San Paolo VI ebbe a pronunciare nel Decreto sull’apostolato dei laici “Apostolicam Actuositatem” del 1965, in particolare quando, parlando dell’importanza dell’apostolato organizzato, ebbe a commentare che
L’apostolato associato è di grande importanza anche perché sia nelle comunità ecclesiali, sia nei vari ambienti, spesso richiede di essere esercitato con azione comune. … così che possono sperarsi frutti molto più abbondanti che non se i singoli operassero separatamente.
E ancora aggiunge che
Nelle attuali circostanze, poi, è assolutamente necessario che … sia rafforzata la forma di apostolato associata e organizzata, poiché solo la stretta unione delle forze è in grado di raggiungere pienamente tutte le finalità dell’apostolato odierno e di difenderne validamente i frutti. In questo campo è cosa particolarmente importante che l’apostolato incida anche sulla mentalità generale e sulle condizioni sociali di coloro ai quali si rivolge; altrimenti i laici saranno spesso impari a sostenere la pressione sia della pubblica opinione sia delle istituzioni.
Dopo circa cinquant’anni, queste esortazioni sono ancora attuali. Anche oggi siamo chiamati a incidere sulla mentalità generale delle persone, e siamo chiamati a farlo come Chiesa e tramite l’associazionismo avendo fatto più volte esperienza di come singolarmente o anche solo separatamente siamo impari a sostenere la pressione … della pubblica opinione. L’invito acchè sia rafforzata la forma di apostolato associata e organizzata è utile in particolare per noi oggi, che ci interroghiamo sulla possibilità di operare non tanto ad un livello associativo di “collaborazione tra individui”, ma ad un livello in un certo senso superiore, di “collaborazione tra associazioni”, nella ricerca di modalità che consentano di unire all’occorrenza le forze per rendere più efficace e incisiva l’azione di ognuno.
Concludo infine questi pensieri introduttivi ringraziandovi una volta ancora per la vostra presenza e ponendomi molto volentieri in ascolto delle vostre proposte e iniziative.