Roma, 4 maggio 2023 – “Non sono neutri i percorsi per far morire dei malati. Sul fine vita, la Regione Veneto si inventa un federalismo antropologico? Piuttosto, serve il coraggio di sostenere la «vita difficile», non la più economica «morte facile»”.
Questo il commento del network associativo ‘Sui tetti’ a proposito dell’ultima mozione del Consiglio regionale veneto del 2 maggio 2023, con cui si chiede «un percorso oggettivo, rapido e scevro da qualunque tipo di condizionamento esterno» negli ospedali pubblici per il suicidio assisitito a carico della res publica”.
“Non è semplicemente vero quel che si legge nella mozione, secondo cui «il ruolo della politica è quello di garantire la libertà di scelta astenendosi da qualunque intervento, anche ideologico, potenzialmente in grado di coartare o comunque condizionare, la libera scelta delle persone», perché, come da secoli avverte Tommaso D’Aquino – spiega l’avv. Domenico Menorello, portavoce del network – una norma indica sempre un valore ritenuto ‘bene’ e verso questo bene, conseguentemente, indirizza oggettivamente la comunità, piaccia o non piaccia. Quindi se dinanzi al dolore le istituzioni affermano che il ‘bene’ sarebbe la procurata morte, stiamo affermando un’idea di vita umana senza valore. Ovvero legata solo alla capacità di autodeterminazione e di salute, come vorrebbe la mentalità dominante, che implica lo scarto di chi è malato o non ha più capacità di successo. È questo il messaggio culturale che il Consiglio regionale vuole dare?”.
E aggiunge: “A proposito di «neutralità», stupisce piuttosto la celerità in materia del Consiglio regionale, che ha voluto addirittura anticipare l’iniziativa della Associazione Coscioni, che sta preparando un disegno di legge regionale eutanasico. Ci saremmo invece aspettati almeno altrettanta fretta nell’attuare quanto chiesto dalla recente legge di bilancio 2023 a tutte le regioni: di presentare cioè con urgenza un preciso progetto di potenziamento delle cure palliative (nemmeno citate dalla mozione del 2 maggio!), perché l’esperienza mostra che se vi fosse sempre la possibilità di una cura e di una compagnia nel dolore, la domanda di morte non sussisterebbe. In Veneto, ad esempio, c’è assistenza h 24 anche domiciliare per chi soffre di SLA? Non ci risulta. E non è forse più impellente, ci chiediamo, assicurare il diritto a essere accompagnati e curati nel fine vita fino a una morte serena, rispetto alla prospettiva di essere scartati nel momento del dolore? Non urge soprattutto garantire finalmente una migliore organizzazione e più risorse per l’attuazione di una legge di oltre 12 anni fa, la n. 38/2010, che introduce il “diritto essenziale” alle cure palliative, come ha premesso la Corte costituzionale proprio con la sentenza 242/2019? Comprendiamo che lasciar morire costa assai meno che curare, ma non è affatto questo lo scopo delle istituzioni, che hanno invece il prioritario dovere di occuparsi della vita difficile e non della morte facile. Dovere che in Veneto è dimostrato proprio dalla straordinaria capacità di solidarietà verso i più fragili che questa terra ha sempre testimoniato. Alla luce di questo portato – concludono le circa cento associazioni – chiediamo un confronto urgente con i decisori regionali sulla valenza di queste decisioni e sulle reali emergenze per i più fragili, dialogo che finora non è avvenuto”.