LA CORTE COSTITUZIONALE PONE SAGGIAMENTE UN VETO AL RICONOSCIMENTO DEL TERZO GENERE

La Consulta nella sentenza n.143/2024 ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale, sollevate in un ricorso promosso dal Tribunale ordinario di Bolzano, dichiarando l’impossibilità di riconoscere tramite procedura di rettificazione l’autopercezione non binaria dell’individuo.

La Corte afferma che l’ordinamento vigente è informato sulla bipartizione di genere “femminile” e “maschile” e che pertanto non sia configurabile una rettificazione anagrafica con attribuzione di un genere terzo. In ogni caso sarebbe materia che esula dalle competenze della Corte stessa.

La sentenza rimanda alla competenza esclusiva del legislatore nell’affrontare temi che attengono alla mutata sensibilità sociale come l’identità di genere. In particolare afferma che “in vari ambiti della comunità nazionale si manifesta una sempre più avvertita sensibilità nei confronti di questa realtà pur minoritaria, come dimostra, tra l’altro, la pratica delle “carriere alias”, tramite le quali diversi istituti di istruzione secondaria e universitaria permettono agli studenti di assumere elettivamente, ai fini amministrativi interni, un’identità – anche non binaria – coerente al genere percepito”, ma solo il legislatore è interprete di tale sensibilità.

A questo proposito, vista l’attenzione manifestata dalla Corte riguardo alla tutela della salute di soggetti adulti che affrontano percorsi di transizione o di cura legati all’identità di genere, deduciamo ragionevolmente che la stessa preoccupazione sia ancor più stringente nel caso di soggetti minorenni. Infatti, purtroppo, sempre più spesso si sono verificati casi di giovani che sono stati avvianti a percorsi di cura senza adeguate garanzie di tutela della loro salute psicologica e fisica. È essenziale che in tale ambito si adoperi sempre prioritariamente un criterio di prudenza per evitare il concreto rischio di “compromettere il benessere psicofisico della persona”.

Proprio la tutela della salute – auspicata dalla Corte – impone, come attestano oramai molte evidenze scientifiche, la massima prudenza, spesso invece disattesa da una prassi “fai da te” nelle scuole, che introducono le cd “carriere alias” in totale difetto di competenza. Rispetto a ciò, diviene ancor più auspicabile un intervento legislativo che garantisca il criterio di prudenza oltre al consenso informato anche da parte dei genitori.